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Sabato era l’8 marzo.
Più o meno da due mesi ogni sabato pomeriggio vado alla scuola d’italiano di Liberi Nantes.
A partire da gennaio abbiamo avuto nuove docenti e nuovi studenti che abbiamo affiancato al gruppo classe. Così ora siamo tanti. Siamo tanti siriani, tanti egiziani tanti italiani, tanti senegalesi, tanti gambiani, tanti eritrei, tanti somali e (mi sembra) basta. Per ora.
E iniziamo a scrivere. E tutti scriviamo con degli errori, soprattutto noi insegnanti, così facciamo una specie di caccia all’errore, che è divertente e che ci fa capire che anche gli errori servono a qualcosa. Che sbagliando si impara. E che se ora scrivo alla lavagna “Noi abitate in Roma” subito mi correggono tutti, sia i siriani che gli egiziani che i senegalesi che i gambiani che gli eritrei che i somali.
Che insomma io quest’italiano non lo so tanto bene, mi dicono. E ridono. E ballano.
Ieri, per dire, abbiamo fatto i verbi della prima coniugazione, quelli in ARE.
Cantare e ballare. E suonare, chiamare, parlare, mangiare, tornare, terminare, camminare, abitare, amare.
Hussein mi dice: “Io aiuto” (a mimare i verbi) (per ripassare) (per divertirci).
E allora ci ha cantato una canzone in arabo e, mentre cantava, ballava. E tutti hanno capito di che verbi stavamo parlando.
Questo ieri, per dire. In una stanza che aveva un profumo particolare. Perché Lama aveva portato le mimose per noi insegnanti. Tre mazzetti: per me, per Manuela, per lei.
E le ho chiesto se sapeva il perché di quella festa. No, non lo sapeva bene però mi ha risposto “perché sei brava e sei anche bella e perché basta”.
E allora Dijab si è ricordato che anche lui aveva portato qualcosa.
Aveva portato i gessetti nuovi, che alle scorse lezioni li avevamo finiti tutti. Perché scriviamo tanto, scriviamo sempre, ma ci eravamo scordate di ricomprarli.
E allora si è ricordato lui. Come Lama con le mimose, perché ancora non mi avevano detto, quel giorno, “perché sei brava e sei anche bella e perché basta”.[:en]
Sabato era l’8 marzo.
Più o meno da due mesi ogni sabato pomeriggio vado alla scuola d’italiano di Liberi Nantes.
A partire da gennaio abbiamo avuto nuove docenti e nuovi studenti che abbiamo affiancato al gruppo classe. Così ora siamo tanti. Siamo tanti siriani, tanti egiziani tanti italiani, tanti senegalesi, tanti gambiani, tanti eritrei, tanti somali e (mi sembra) basta. Per ora.
E iniziamo a scrivere. E tutti scriviamo con degli errori, soprattutto noi insegnanti, così facciamo una specie di caccia all’errore, che è divertente e che ci fa capire che anche gli errori servono a qualcosa. Che sbagliando si impara. E che se ora scrivo alla lavagna “Noi abitate in Roma” subito mi correggono tutti, sia i siriani che gli egiziani che i senegalesi che i gambiani che gli eritrei che i somali.
Che insomma io quest’italiano non lo so tanto bene, mi dicono. E ridono. E ballano.
Ieri, per dire, abbiamo fatto i verbi della prima coniugazione, quelli in ARE.
Cantare e ballare. E suonare, chiamare, parlare, mangiare, tornare, terminare, camminare, abitare, amare.
Hussein mi dice: “Io aiuto” (a mimare i verbi) (per ripassare) (per divertirci).
E allora ci ha cantato una canzone in arabo e, mentre cantava, ballava. E tutti hanno capito di che verbi stavamo parlando.
Questo ieri, per dire. In una stanza che aveva un profumo particolare. Perché Lama aveva portato le mimose per noi insegnanti. Tre mazzetti: per me, per Manuela, per lei.
E le ho chiesto se sapeva il perché di quella festa. No, non lo sapeva bene però mi ha risposto “perché sei brava e sei anche bella e perché basta”.
E allora Dijab si è ricordato che anche lui aveva portato qualcosa.
Aveva portato i gessetti nuovi, che alle scorse lezioni li avevamo finiti tutti. Perché scriviamo tanto, scriviamo sempre, ma ci eravamo scordate di ricomprarli.
E allora si è ricordato lui. Come Lama con le mimose, perché ancora non mi avevano detto, quel giorno, “perché sei brava e sei anche bella e perché basta”.[:]