Rejected, rejeté, diniegati: sono migranti o apolidi cui non è stato riconosciuto lo status di rifugiati in base alla Convenzione di Ginevra. Di sesso maschile, giovane età, di istruzione medio alta e provenienti soprattutto da Afganisthan e Nigeria. Questa è la fotografia dei denigrati presenti a Roma e nel Lazio. Vivono senza alcun diritto e assistenza, delle Presenze trasparenti, questo il titolo dello studio condotto da Marco Accorniti di Irpps – Cnr, promosso da Cesv e da cinque associazioni di volontariato, e presentato ieri alla sala Di Liegro di Palazzo Valentini.
Negli ultimi due anni, su 27.295 domande presentate alle commissioni territoriali, il 39,4% di essi ha ricevuto il diniego, rimanendo senza protezione umanitaria. Il dato riguarda soprattutto la richiesta di asilo. Un terzo di essi ha atteso fino a un mese prima di presentare domanda. Salomon è un congolese che vive a Roma e che fa parte di Diaspora Africana europea – Italia, una associazione che si occupa di difendere i diritti degli immigrati africani alla Conferenza Stato-regioni: «I diniegati devono ottenere questo diritto, Tra loro ci sono anche tanti bambini che non possono andare neanche all’asilo nido».
Lo status di rifugiato si ottiene a seguito di un’audizione davanti a una commissione. Importante è il ruolo che giocano le emozioni e la professionalità degli interpreti. Dentro o fuori. «Rimane impressa l’immagine, lo sguardo di chi torna e comunica che è stato diniegato», dice Padre Giovanni La Manna del Centro Astalli. Con l’entrata in vigore del nuovo Decreto sulla Sicurezza non ci sarà più neanche la possibilità di inoltrare richieste in seconda istanza. Subito espulsi. Secondo Claudio Cecchini, Assessore alle Politiche sociali della Provincia di Roma, c’è molta ambiguità «sul modo in cui l’Italia recepisce le leggi europee. Occorre tornare alla versione precedente del decreto (d.lgs. del 2 marzo 2008, ndr), perché la maggior parte dei ricorsi in seconda istanza alla fine ottiene lo status di rifugiato».
Simone Di Stefano
(pubblicato su L’Unità del 19/06/2008)